giovedì 25 giugno 2020

ESTRATTO DA “IL SAPERE NUOVO - TUTTO SU DIOGENES” #27


In quel tempo, Diogenes era particolarmente prolifico con le sue orazioni. Ne aveva composte e declamate almeno una decina nel giro di appena un mese, ed ognuna di esse era incentrata sui difetti di una qualche classe di cittadini, tanto che ormai a Lisalania molti lo vedevano in una cattiva luce; eccezion fatta per coloro che comprendevano lo spirito ironico e sarcastico di orazioni come “Delle manchevolezze dei trovarobe” o “Del carattere spinoso dei pescivendoli”.

Fu così che, per dare riposo alla sua mente sovraccarica di lavoro, il Maestro si concesse alcune serate ai 5 coltelli, dedite allo svago e all’alcool. Egli sosteneva infatti che la mente dovesse svagarsi, alle volte, per poi poter riprendere a pensare lucidamente in caso di bisogno.

Durante una di queste serata, mentre scherzava con i suoi ammiratori su queste recenti orazioni, un omone si alzò da un tavolo e, avvicinatosi al posto dove sedeva Diogenes, lo apostrofò in modo rude: “Facile fare la morale agli altri quando non se ne possiede una, vero damerino?”

Il Maestro sorrise affabilmente all’uomo e rispose: “Ti racconterò una storia mio caro amico: quando gli Dei lo crearono, fornirono l’uomo di due bisacce: una da tenere sulla schiena, piena dei propri difetti; una da tenere davanti, sulla pancia, piena dei difetti di tutti gli altri uomini che sarebbero venuti. Ecco perché non riesco a scorgere i miei difetti ma sono così pronto a notare e criticare quelli degli altri. La colpa è degli Dei!”

L’omone non si fece impressionare dalla risposta, ma borbottando improperi contro gli Dei uscì seccato dalla locanda.

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