(c) Richard Doble |
Villaggio Uru-tan, mattino del 7° ahner crescente (1 maggio)
Grazie alle cure di Maya, al capovillaggio Keramon non occorre più di una giornata per rimettersi completamente in sesto. La mattina seguente, come promesso, il vecchio conduce la compagnia verso la dimora dell’ultimo dei guaritori.Il bosco non è particolarmente insidioso, e grazie alla guida di Keramon e Peadok (il cacciatore che si era scontrato con Chaim) si procede piuttosto rapidamente.
Bosco Uru-tan, 7° ahner crescente (1 maggio)
Verso mezzogiorno il gruppo arriva al ciglio di un crepaccio. E’ largo approssimativamente venti metri e non è molto profondo - una quindicina di metri - ma sul fondo ci sono rocce irregolari. Poco lontano c’è un ponte di corda e legno. Entrambe le estremità del ponte sono state invase dai rampicanti, ed ha l’aria di non essere stato usato da moltissimo tempo.Medòm testa una delle funi che compongono il ponte strattonandola. La fune si spezza senza opporre quasi resistenza. Evidentemente usare il ponte non è un’opzione.
Si valutano le varie possibilità. Scendere da una parete e risalire dall’altra richiede comunque una certa competenza nell’arrampicata, che non tutti posseggono. Qualcuno della compagnia è in grado di librarsi in volo, ma non è in grado di trasportare tutti. Potrebbe aiutare a tendere una corda tra i due lati della forra, ma anche in questo caso per sfruttare la corda tesa sarebbe necessaria una certa agilità, che non tutti posseggono.
Maya decide di invocare la conoscenza degli dèi, affinché la guidino per la via migliore. Si avviano tutti, sotto la sua guida, lungo il bordo del crepaccio. Verso l’imbrunire giungono in una zona dove l’altezza dal fondo è molto minore ed i fianchi sono agevoli da permettere l’attraversamento e la risalita dalla parte opposta. Ma oramai è scesa la notte, e la compagnia si accampa.
Durante la notte il gruppo viene visitato da un verro non esattamente amichevole. L’intervento di Kaisho e Peadok, che erano di guardia, neutralizza la minaccia senza permetterle di fare danni al campo. Quando finalmente inizia ad albeggiare nell’aria si diffonde un gradevole odore di arrosto.
Bosco Uru-tan, 7° tahner crescente (2 maggio)
Il cammino prosegue per tutta la mattinata, e poco prima di mezzogiorno la compagnia arriva al ponte di funi, dall’altra parte del crepaccio. Hanno perso un’intera giornata, ma almeno sono tutti sani e salvi.Il cammino riprende sotto la guida di Keramon. Poche ore più tardi escono dalla foresta e si trovano dinnanzi ad una possente costruzione di roccia di forma piramidale, sovrastata da un obelisco senza fine (lo stesso visto da Kaisho). Alla base della costruzione c’è un’ampia entrata. Sulle pareti ai lati dell’ingresso ci sono due spessi bassorilievi semicircolari realizzati in oro. Lungo la loro semicirconferenza ci sono 7 pannelli metallici tirati a lucido, ed al centro un’enorme perla, più grande di una testa umana. Nonostante siano coperti da uno strato di sporcizia accumulatasi nei secoli, riflettono i raggi solari in tutte le direzioni. Il bassorilievo di destra ha un aspetto malmesso: i rampicanti l’hanno preso d’assalto da anni e l’aspetto è molto più “opaco”.
Alla visione dei preziosi bassorilievi la contessa si lascia sfuggire un’esclamazione deliziata, e fa un passo verso quello di sinistra. Ma all’improvviso dall’interno delle pareti giunge un suono metallico di leve, ingranaggi e verricelli. Il bassorilievo si stacca dalla parete, e dalle sue spalle spuntano due arti metallici snodati che poggiano a terra e lo sollevano come fossero delle gambe. Altri due arti metallici simili spuntano ai lati a mo’ di braccia. L’automa, alto tre metri, incede minaccioso verso la compagnia.
Prima di avere il tempo di reagire, un raggio di luce si riflette su una piccola pietra incastonata nella maschera di Keramon. Il raggio di luce riflesso colpisce l’enorme perla dell’automa - anche se sembra che il riflesso sia attirato dalla perla. L’automa immediatamente si ferma, e goffamente si prostra di fronte al capovillaggio, restando immobile.
Dopo che tutti si sono ripresi dallo spavento, la compagnia decide di esplorare il tempio. Nonostante la sua struttura sia molto massiccia, poche aperture ben piazzate garantiscono un’illuminazione eccellente. Evidentemente chi l’ha costruito ha saputo sfruttare al massimo la riflessione e rifrazione della luce.
In breve tempo la struttura viene ispezionata senza risultato, a parte un’unica stanza chiusa da una pesante porta di legno. Tutti, e Maya in modo particolare, percepiscono una forte energia negativa provenire da dietro la porta. La donna sciamano, per buona misura, decide di invocare le sue divinità per generare un’onda di energia positiva. E la cosa dietro la porta non gradisce.
Un urlo disumano fa tremare le spesse pareti della struttura, e tutti istintivamente si portano le mani alle orecchie. Con un’esplosione la porta viene divelta dall’interno, sfiorando Peadok prima di schiantarsi sulla parete alle sue spalle. Una figura di oscurità solida alta quasi tre metri si erge dove prima era la porta. I lineamenti sono sfuocati, a parte due occhi di furia color della brace. Alza una mano, e quando pronuncia parole arcane dei tentacoli di oscurità, eruttati dal terreno, si avvinghiano ai presenti. Come intangibili sanguisughe demoniache drenano la forza di volontà delle loro vittime, lasciando i presenti in preda ad una disperazione crescente.
Mentre Kaisho cerca di convincere Chaim a farsi dare Zaradal, Maya prova ad usare un’altra invocazione, ma non riesce a concentrarsi a dovere. Peadok tenta la fuga, solo per scoprire che la via di uscita è chiusa da rampicanti. Invece di tentare di aprirsi un varco, torna sui suoi passi per affrontare lo spettro, ma inciampa e cade rovinosamente. Il dr. Zanoch decide di ripagare lo spirito con la stessa moneta, ed attiva un potere psicoscientifico che gli permette di assorbire l’energia spirituale dell’avversario. Riesce nell’intento, ma è come tentare di svuotare uno stagno con un secchio. Gli altri, in preda alla disperazione, tentano di nascondersi.
Intanto Kaisho ha convinto Chaim, e con Zaradal in pugno si avventa verso l’ombra. Ma anche lui inciampa e, cadendo, fa volare la spada lontano.
All’improvviso uno schianto, seguito da un familiare rumore meccanico. Il costrutto incontrato all’ingresso del tempio è entrato nella stanza, sfondando i rampicanti che bloccavano il passaggio come fossero fuscelli. I pannelli metallici che fanno da “corolla” alla testa dell’automa si inclinano in modo da catturare la luce e rifletterla verso l’enorme perla al centro. Questa si carica alcuni istanti, poi proietta un potente raggio luminoso verso lo spettro. La creatura oscura, colpita in pieno, emette un altro grido carico di sofferenza. L’energia negativa dello spirito viene consumata dalla luce, fino ad essere completamente annullata. Il grido cessa con un suono come di risucchio, e nello stesso momento dall’interno dell’automa giungono stridii e crepitii sinistri. L’automa all’improvviso si blocca, emettendo una nube di fumo nero.
Dello spirito non c’è più traccia.
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