DELLA PERDITA
Se dovessero chiedermi ‘Perché ti manca ancora?’, io risponderei che la tua mancanza mi ha teletrasportato in un limbo maledetto, dove tutte le immagini dei ricordi e delle belle cose passano in continuazione: il tuo profilo, la tua luce e il tuo calore sono tratti indelebili che non riesco a cancellare. Ricordo questo breve periodo di qualche giorno fa: è stato quello più felice e vissuto, ci siamo trovati e ritrovati, scoperti e amati, vissuti e poi gettati nella banalità assurda di questa fine ingiustificata. Mi sento come vittima di un’ingiustizia non capita, non sono stato assolto dal mio reato.
Mi sento oggi pessimo ma allo stesso tempo guerriero della notte e delle parole, cosi che dopo il tuo abbandono, ho deciso di utilizzare lo strumento della parola come dolcificante per alleviare la mia sofferenza; si perché il tuo andare via mi ha spezzato il cuore in quattro parti. Mi manchi e non posso nasconderlo; non riesco a nascondere niente di me, traspare ogni singola emozione. Sono quel tipo di persona che si fa ingannare dalla trasparenza, con me siete tutti in un porto sicuro perché la verità verrà sempre a galla; ti doveva bastare guardarmi negli occhi per capire cosa volevo o perché mi sentivo in un determinato modo: sono semplice, semplice è la mia rabbia, il mio volerti e il mio non volerti. Nessun punto fermo è stato fissato nella mia testa, non ho preso nessuna direzione. Sono in un limbo.
Sono semplice come il mare, sono semplice come la terra che calpesti, sono semplice come la musica e come l’odore che porto sulla pelle. Ma la semplicità è arte complessa e articolata.
Nella semplicità della notte e del giorno, il pensiero di averti perso per sempre mi annienta e mi manda all’inferno; sento come delle mani che mi stringono il collo, e mi uccidono.
C’è una frase che mi perseguita in questi giorni: ‘L’appagamento è cosa semplice’, io vedevo questo in noi, vedevo te che illuminavi la stanza con la tua sola presenza ed io che non riuscivo a distoglierne lo sguardo; vedo noi fermi, mentre ti tengo tra le braccia; provo la certezza che anche se ti avessi abbandonato per delle giornate intere avrei potuto ritrovarti a fine giornata, sempre pronta a darmi ciò di cui avevo realmente bisogno.
Ricordo perfettamente le sensazioni provate quando ci siamo sfiorati: estasi di tranquillità e di gioia, emozioni ed esperienze che non hanno prezzo e sono inimitabili; diffido dalle imitazioni, non ho vissuto incubi o bugie ma solo verità e mi è bastato guardarti pochi momenti per capire l’unicità dei tuoi sentimenti.
Ho provato a cercarti negli occhi degli altri, a colmare il mio vuoto con divertimento, alcool e rabbia; non è servito a nulla, e allora mi sono affidato alla filosofia, come mio solito, alla sublimazione del dolore come sempre. Ed è uscito fuori tutto questo, ma neanche questo, alla fine, arriverà al tuo cuore.
Tu eri per me qualcosa di unico, e hai tirato fuori quella sensazione che provavo e mi rendeva insicuro, rivelandosi la più vera di tutte: tu non ci sei più.
Brutta esperienza cercare di rimettere in piedi una vita che pensavo fosse perfetta, ricostruire dalle macerie un equilibrio lineare che si era spezzato. Non ho più parole sensate da offrirti se non queste della mia orazione sulla perdita; ho perso il controllo e nella mia guerra interiore volevo solo che tu mi illuminassi di nuovo il cammino..
Sono confuso e stanco e non faccio niente di concreto per averti di nuovo, faccio solo peggio. Sei un fantasma delle mie giornate che mi tiene compagnia negli attimi più tristi.
Non credere più in niente, neanche più alle mie parole, che sono e continuano ad essere incoerenti e ferite, cosi come lo sono io: perso nelle mie ferite.
Perso nella mia perdita e nella mia paura. La tua perdita, la pura di perdere ancora qualcuno o qualcosa. Di perdere fede, lucidità, libertà. Io ho paura amici. Ma so che ne avete anche voi. Ci crogioliamo nella perdita, ma c’è qualcosa che non dobbiamo perdere mai. Lasciate che vi spieghi.
DELLA PAURA
Come molti di voi, io apprezzo il benessere della routine quotidiana, la sicurezza di ciò che è familiare, la tranquillità della ripetizione; ne godo quanto chiunque altro. Ma nello spirito del ricordo, affinché gli eventi importanti del passato, generalmente associati alla morte di qualcuno o al termine di una lotta atroce e cruenta vengano celebrati con una bella festa, ho pensato che avremmo potuto dare risalto a questa giornata, sottraendo un po' di tempo alla vita quotidiana, per vederci e fare queste due chiacchiere.
Alcuni vorrebbero toglierci la parola, impedirci di stare qui insieme. Sospetto che in questo momento stiano strillando ordini a ragazzi inesperti e che presto arriveranno gli uomini armati. Perché? Perché, mentre il manganello può sostituire il dialogo, le parole non perderanno mai il loro potere; perché esse sono il mezzo per giungere al significato, e per coloro che vorranno ascoltare, all'affermazione della verità. E la verità è che c'è qualcosa di terribilmente marcio in questa città.
Crudeltà e ingiustizia, intolleranza e oppressione. E lì dove una volta c'era la libertà di radunarsi con gli amici in piazza, di pensare a cosa bere insieme in osteria la sera, di parlare nel modo ritenuto più opportuno, lì ora avete coprifuoco, sistemi di sorveglianza e giganti meccanici che vi costringono ad accondiscendere e sottomettervi.
Com'è accaduto? Di chi è la colpa? Sicuramente ci sono alcuni più responsabili di altri che dovranno rispondere di tutto ciò; ma ancora una volta, a dire la verità, se cercate il colpevole... non c'è che da guardarsi allo specchio. Io so perché l'avete fatto: so che avevate paura, e chi non ne avrebbe avuta? Guerre, terrore, malattie: c'era una quantità enorme di problemi, una macchinazione diabolica atta a corrompere la vostra ragione e a privarvi del vostro buon senso.
La paura si è impadronita di voi, e il caos mentale ha fatto sì che vi rivolgeste al primo damerino con soluzioni semplici per problemi complessi: Registo De Marinis. Vi ha promesso ordine e pace in cambio del vostro silenzioso obbediente consenso, in cambio di un inchino di fronte ad una fascia blu. Qualche sera fa ho cercato di porre fine a questo silenzio. Ho cercato di ricordare a questa città quello che ha dimenticato: la sua speranza, l'equità, la giustizia, la libertà.
Queste sono più che parole: sono prospettive. Quindi, se non avete visto niente, se i crimini di questa banda armata di criminali nota come Milizia vi rimangono ignoti, vi consiglio di lasciar passare questo mio promemoria. Ma se vedete ciò che vedo io, se la pensate come la penso io, e se siete alla ricerca della verità come lo sono io, vi chiedo di mettervi al mio fianco, fuori dai cancelli della Cittadella, e insieme offriremo loro uno spettacolo che non verrà mai più dimenticato.